I vari tipi di nuvole, cosa porta alla loro formazione e quali fenomeni li accompagnano
Vista dagli obiettivi dei satelliti orbitanti o dagli oblò degli shuttle, la Terra è in grado di regalarci immagini stupende. Un fascino unico, che però, da quelle distanze, non dipende certo dalle bellezze architettoniche del Colosseo o dalla skyline di New York, quanto piuttosto dall’acqua presente sul nostro Pianeta: è soprattutto l’accostamento cromatico degli ammassi nuvolosi in movimento sul blu degli oceani a regalare difatti immagini meravigliose.
Del resto ben prima degli astronauti, le nuvole hanno affascinato l’Uomo fin dall’antichità. Tra il VII e il VI secolo prima di Cristo alcuni tra i più grandi filosofi greci, fra cui Talete di Mileto e Anassimandro, diedero avvio ad alcune dottrine basate sullo studio delle nubi e delle manifestazioni ad esse collegate, dalla Brontologia (studio dei tuoni), alla Ceraunica (studio dei lampi) passando per la più importante, la Nefologia (studio delle nuvole).
Più o meno nello stesso periodo in Cina le nuvole erano addirittura entrate a far parte della dottrina dello yin e dello yang, che si proponeva di spiegare l’intero equilibrio cosmico: in particolare mentre Sole e calore erano ritenute manifestazioni maschili, legate al principio yang, le nubi e le piogge erano considerate espressioni del “femminile”, collegate al principio yin. Ma perché si formano le nuvole? Ebbene, sulle Terra l’acqua non solo riempie gli oceani ma, nella sua forma gassosa, si trova anche nell’atmosfera: in effetti, benché non sia uno dei costituenti principali, il vapore acqueo è sicuramente, assieme all’ossigeno, il più importante dei componenti della nostra atmosfera.
Ogni particella di atmosfera può contenere però solo un certo numero di molecole di vapore, strettamente legato alla temperatura e pressione dell’aria, e quando le molecole di vapore diventano troppo numerose quelle in eccesso condensano in minuscole goccioline d’acqua (o, in base alla temperatura, aghetti di ghiaccio), del diametro di qualche decina di micron. Se le singole goccioline di nube, in quanto assai piccole, risultano invisibili all’occhio umano, tantissime goccioline strette una vicina all’altra risultano invece nel loro insieme visibili, e danno vita alle forme morbide e sfuggenti delle nuvole: quando difatti la loro concentrazione raggiunge qualche migliaia di unità per litro d’aria, la luce visibile non riesce più a passare indisturbata e viene invece diffusa e in parte riflessa, e in tal modo all’occhio umano appare la nuvola.
Le nuvole si presentano però in forme e grandezze molto variegate, e ciascuna di esse dipinge in cielo una macchia unica e irripetibile: i processi che portano alla loro formazione, la quantità di energia e vapore che vengono impiegati, l’altezza a cui si muovono, sono tutti fattori che determinano il tipo di nuvola. In particolare, in relazione al rapporto tra dimensioni orizzontali e verticali, le nuvole vengono distinte in cumuliformi (dimensioni orizzontali paragonabili a quelle verticali), stratiformi (sviluppo orizzontale nettamente superiore a quello verticale) e stratocumuliformi (dimensioni orizzontali predominanti rispetto a quelle verticali).
Le nubi si differenziano però anche in base alla quota a cui è possibile trovarle, e si riconoscono in tal caso le nubi alte (5-13 Km), le nubi medie (2-7 Km) e le nubi basse (0-2 Km). L’utilizzo di entrambi i criteri di suddivisone delle nubi permette di individuare 10 generi principali: cirri, cirrocumuli, cirrostrati, altostrati, altocumuli, strati, stratocumuli, nembostrati, cumuli e cumulonembi. Le più alte di tutte sono sicuramente i cirri: sottili e di colore bianco, dall’aspetto filamentoso simile a fili di cotone, ai Tropici queste nubi quasi trasparenti viaggiano anche oltre i 18 chilometri di quota, mentre alle nostre latitudini difficilmente si spingono oltre 13 chilometri. Se invece state cercando il famoso “cielo a pecorelle”, siete alla ricerca dei cirrocumuli: sono nuvole che si presentano per lo più in banchi costituiti da piccoli ammassi bianchi simili a batuffoli di cotone.
Come dice il proverbio (cielo a pecorelle, pioggia a catinelle), queste nubi annunciano l’imminente arrivo del maltempo. Quando invece il cielo assume un aspetto lattiginoso, come se fosse coperto di un sottile velo bianco, abbiamo di fronte i cirrostrati, che hanno anche il merito di donare spesso alla Luna e al Sole un pittoresco alone colorato. Gli altocumuli si muovono anch’essi in banchi, ma possono assumere forme diverse: di colore bianco o grigio le singole nubi possono apparire come lamelle, corpi tondeggianti oppure molto simili a torri e merli di castelli, e in quest’ultimo caso annunciano l’arrivo, entro poche ore, di piogge forti e temporali.
Ma quali sono allora le nubi che ci costringono ad usare l’ombrello? Se sopra la vostra testa si stanno muovendo degli stratocumuli, è probabile che pioverà, ma difficilmente vi inzupperete d’acqua: benché molto vicini (non vanno oltre i 2 chilometri di quota) questi grossi ammassi scuri e tondeggianti di colore violaceo hanno difatti uno spessore modesto (tra 500 e 1000 metri), e sono in genere accompagnati da piogge deboli e intermittenti. Se la pioggia invece cade continua e di intensità moderata, vuol dire che sono arrivati i nembostrati: anch’essi hanno una base prossima al suolo (si trova solitamente sotto i 2 chilometri di quota), che ce li fa apparire assai vicini, ma sono piuttosto spessi (possono spingersi fino a 6-7 chilometri di altezza) e di colore grigio scuro, tanto da occupare il cielo con uno strato nuvoloso denso che oscura fortemente la luce del sole.
Il re di tutte le nubi però è sicuramente il cumulonembo, padre di temporali e trombe d’aria: sono nuvole imponenti, che possono attraversare l’intera troposfera, spingendosi dal suolo fino a oltre 15 chilometri di altezza. Mentre la sommità della nube è di colore bianco e a forma di cavolfiore o incudine, la base appare frastagliata e assai scura, a causa dell’ombra prodotta dalla parte sovrastante. Il loro sviluppo può essere improvviso e assai rapido, alimentato dal calore e dall’umidità presenti in atmosfera.
A volte però se il cumulonembo non trova sufficiente energia per alimentarsi, raggiunte certe dimensioni smette di accrescersi, e invece di portare intense piogge disegna in cielo figure assai suggestive: è ad esempio ciò che accade quando si forma un Cumulonembus Mammatus, con la nube che assume forme molto più tondeggianti e rassicuranti, simili a tante mammelle di vapore accostate l’una all’altra. Ma le nuvole forse più affascinanti sono le nubi lenticolari: come sottili sombreri bianchi, le vediamo spesso sovrastare le vette delle montagne, perse in un cielo azzurro e soleggiato. Queste nubi che, come dice il nome, ricordano delle lenti, si formano quando forti venti vanno a sbattere contro montagne alte e imponenti.
Le correnti d’aria, non potendo aggirare l’ostacolo, sono costrette a salire velocemente e, se l’atmosfera sopra la quota della montagna è molto stabile, nel ricadere sul lato sottovento acquistano un movimento ondulatorio: nei tratti in cui la massa d’aria si muove verso l’alto favorisce la condensazione del vapore acqueo contenuto in nubi sottili e dalla forma tanto più definita quanto minore è la quantità di umidità contenuta nell’aria. E se a generare l’oscillazione della corrente d’aria non è una singola montagna ma un’intera catena montuosa, si possono formare molte nubi lenticolari, distribuite fino anche a 100 chilometri sottovento ai rilievi.
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